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Lot # 993 - Francesco Alidosi (1455-1511) cardinale di Pavia (1505), legato di Bologna e della Romagna (1508). Medaglia per la nomina a Cardinale Legato di Bologna (1508). D/ FR ALIDOXIVS CAR PAPIEN BON ROMANDIOLAE Q(VE) C LEGAT. Busto a destra, con berretto e mantellina. R/ HIS AVIBVS CVRRVQ(VE) CITO DVCERIS AD ASTRA. Giove, con fulmine, seduto su un carro trainato da due aquile; all’esergo, segni zodiacali dei Pesci e del Sagittario. Arm. II, 116, 45; Hill, Corpus 610; Hill-Pollard, Kress 186; Pollard, Bargello I 133. AE. 61.00 mm. Opus: Scuola bolognese dopo il Francia. RR. Foro di appensione. Lieve difetto di fusione nel campo del rovescio. Fusione originale. SPL. Francesco Alidosi fu Cardinale, discendente della famiglia imolese degli Alidosi; fu creato da Giulio II, di cui era stato segretario, vescovo di Mileto (1504), poi di Pavia e cardinale (1505), e legato di Bologna (1508) ove la sua durezza rinfocolò l'avversione dei partigiani dei Bentivoglio. Il 7 ottobre 1510 venne arrestato da Francesco Maria I della Rovere, duca d'Urbino e comandante delle forze papali, con l'accusa di cospirazione con i francesi; Giulio II rigettò le accuse e lo promosse vescovo di Bologna, carica che l'Alidosi sommò a quella di legato pontificio. Nel maggio del 1511 Bologna fu conquistata dai francesi e l'Alidosi fu costretto alla fuga verso Castel del Rio. Recatisi l'Alidosi e il della Rovere quasi contemporaneamente a Ravenna per discolparsi con Giulio II, questi accettò le spiegazioni del vescovo, ma si rifiutò di ascoltare il duca, il quale, ritenendo l'Alidosi responsabile del contegno del pontefice e esasperato per i vecchi rancori, affrontò il cardinale in una strada di Ravenna e lo uccise il 24 maggio 1511. L’Alidosi protesse letterati e artisti come Erasmo, Michelangelo e Raffaello, che ne dipinse il ritratto (museo del Prado, Madrid).
La Cittadella fortificata di Piacenza
Lot # 1003 - Pier Luigi Farnese (1545-1547). Medaglia, c. 1547. D/ P LOYSIVS F PARM ET PLAC DVX I. Busto barbuto a destra, indossa corazza e mantello; sotto, I. F. PARM. F. R/ AD CIVITAT DITIONISQ TVTEL MVNIM EXTRVCTVM. La cittadella fortificata di Piacenza. Arm. I, p. 222, 6; Attw. 953; Hill-Pollard, Kress 375. AE. 37.50 mm. Opus: Gianfederico Bonzagna. RR. Foro. Medaglia coniata di qualità eccezionale, originale. SPL+. Alcuni progetti per la nuova fortezza erano stati vagliati da Pier Luigi sin nella primavera del 1545, quando ancora la città faceva parte della Legazione pontificia Cispadana. Il successivo 10 ottobre egli aveva emanato un editto affinché fossero liberati gli spazi antistanti un miglio dalle mura cittadine. Nel contempo, aveva promosso la redazione di un primo progetto, di cui presero visione sia Michelangelo Buonarroti sia Antonio da Sangallo nel novembre 1545. I propositi di iniziare i lavori all’avvio, inizialmente, erano falliti per il rifiuto di Paolo III di finanziare l’opera; solo nella primavera 1547 il papa diede il suo assenso: il nuovo progetto, in forma pentagonale, fu opera di Sangallo, mentre Domenico Giannelli assunse la direzione dei lavori. I lavori iniziarono nell’aprile 1547: il monastero di S. Benedetto dovette essere demolito; la prima pietra fu posta il 23 maggio. Tutte le successive fasi di realizzazione ebbero un ritmo serrato, sia per la cortina, sia per i baluardi, ma Pier Luigi non poté vedere la conclusione di tanti sforzi. Contro di lui, infatti, si preparava una congiura. [Dizionario Biografico degli Italiani Treccani on-line, s.v. Pier Luigi Farnese, duca di Parma e di Piacenza].
Lot # 1004 - Pier Luigi Farnese (1545-1547). Medaglia, c. 1547. D/ P LOYSIVS FAR PAR ET PLAC DVX I. Busto barbuto a destra, indossa corazza e mantello; sotto, Δ. R/ AD CIVITAT DITIONISQ TVTEL MVNIM EXTRVCTVM. La cittadella fortificata di Piacenza. Arm. I, p. 222, 7; Attw. 954; Pollard, Bargello III 781. AE. 37.50 mm. Opus: Gianfederico Bonzagna. RR. Foro. Fusione originale. qSPL/Bel BB. Alcuni progetti per la nuova fortezza erano stati vagliati da Pier Luigi sin nella primavera del 1545, quando ancora la città faceva parte della Legazione pontificia Cispadana. Il successivo 10 ottobre egli aveva emanato un editto affinché fossero liberati gli spazi antistanti un miglio dalle mura cittadine. Nel contempo, aveva promosso la redazione di un primo progetto, di cui presero visione sia Michelangelo Buonarroti sia Antonio da Sangallo nel novembre 1545. I propositi di iniziare i lavori all’avvio, inizialmente, erano falliti per il rifiuto di Paolo III di finanziare l’opera; solo nella primavera 1547 il papa diede il suo assenso: il nuovo progetto, in forma pentagonale, fu opera di Sangallo, mentre Domenico Giannelli assunse la direzione dei lavori. I lavori iniziarono nell’aprile 1547: il monastero di S. Benedetto dovette essere demolito; la prima pietra fu posta il 23 maggio. Tutte le successive fasi di realizzazione ebbero un ritmo serrato, sia per la cortina, sia per i baluardi, ma Pier Luigi non poté vedere la conclusione di tanti sforzi. Contro di lui, infatti, si preparava una congiura. [Dizionario Biografico degli Italiani Treccani on-line, s.v. Pier Luigi Farnese, duca di Parma e di Piacenza].
Lot # 1008 - Tommaso Rangone (1485-1577), umanista e mecenate. Medaglia (1560). D/ THOMAS PHILOLOGVS RAVENNAS. Busto a destra con lunga barba e toga. R/ A IOVE ET SORORE GENITA. Giove, in guisa di aquila, accosta il piccolo Ercole al seno di Giunone, sdraiata sulla Via Lattea; sotto, gigli e e tre colombe. Arm. II, 196, 20; Hill-Pollard, Kress 417b; Attw. 236; Volt. 512. AE. 39.50 mm. Opus: Matteo Pagano. Numero di inventario nel campo al diritto. Splendida fusione originale. SPL. Le medaglie del Rangone (5 tipologie), tutte attribuite 'in vita' a testimonianza della fama goduta dal personaggio tra i suoi contemporanei, hanno dato origine ad annose, controverse polemiche riguardanti l'autore, la datazione e l'occasione delle stesse. Gran parte di questi problemi è stata risolta dallo studio di E. Weddigen sulla base della fonte più attendibile: gli scritti del Rangone stesso. Questo è l'esemplare che il R. chiama 'medium' e attribuisce alla mano di Matteo Pagano. La data limite ante quem è quel 1562 che si legge sulla medaglia gemella (ma con diversa iscrizione sul diritto). Il Weddigen propone l'anno 1560, sia facendo una media tra le medaglie immediatamente precedenti e successive, sia identificando in alcune circostanze più o meno contemporanee a quella data (imminente pubblicazione del catalogo della sua biblioteca: 1561-1562; terza edizione della sua massima opera, il manuale sul 'prolungamento' della vita: 1560) l'occasione della realizzazione. Sul rovescio della medaglia è rappresentata la leggendaria creazione della Via Lattea, originata dal latte del seno di Giunone disperso in cielo, dallo stesso latte, caduto in terra, nacquero i gigli. La scelta del soggetto è da mettere in relazione all'adozione dello stesso Rangone (nato Giannotti) da parte del Conte Guido Rangoni. Qualche anno più tardi Tintoretto riproporrà in un suo dipinto il medesimo tema, pare ammissibile che il pittore, amico e protetto del Rangone, abbia preso spunto da questa medaglia.
Lot # 1030 - Antonio Ottoboni (1646-1720), capitano generale di Santa Romana Chiesa. Medaglia s.d. primo quarto del XVIII secolo. D/ ANTONIVS OTTHOBON CAP GEN S: R: E: Busto a destra con parrucca e manto su corazza; sotto, GIOS. ORTOL. F. R/ CIVITATES IMPIORVM DESTRVET DNS ET LATOS FACIET TERMos FIDEI. Un cocchio trionfale a destra sulle nubi, è condotto dalla Lupa e dal Leone di San Marco (Roma e Venezia) e guidato dalla Prudenza e dal Valore. Su di esso stanno La Fede, la Sicurezza e la Vittoria. Sotto le ruote, i nemici schiacciati. Sotto, le due città di Roma e Venezia fortificate, si ergono su due colline in mezzo ai flutti marini. Volt. 1084; Tod.-Van. (1990) 56; Forrer IV, p. 333. AE. 73.30 mm. Opus: Giuseppe Ortolani. Coniazione originale. SPL+. Antonio Ottoboni nacque a Venezia nel 1646, solo successivamente a questa data la famiglia fu ammessa nel patriziato veneto. Entrato attivamente nella vita pubblica veneziana, l'Ottoboni esercitò numerose magistrature. La nomina dello zio, il Cardinal Pietro Ottoboni, a Papa con il nome di Alessandro VIII, convinse il Senato veneto a nominare l'illustre nipote Cavaliere di San Marco e Procuratore sopranumerario de Supra (1689). Chiamato a Roma dallo zio pontefice, Antonio fu eletto "Principe del Soglio" e "Generale di Santa Chiesa". Pur lontano da Venezia continuò ad aiutare la patria facendo pressioni su Alessandro VIII perchè soccorresse la Serenissima contro i Turchi nella difficile congerie del 1690. Deposto il generalato nelle mani del nuovo pontefice Innocenzo XII, l'Ottoboni tornò a Venezia dove lo attendeva però un'amara sorpresa: "colpevole" di aver accettato da un Principe straniero stipendio ed emolumenti, dovette astenersi dall'entrare in Senato, rinunciare alla sua carica di Procuratore e persino alla nomina perpetua di Cavaliere per ridursi a vivere privatamente; solo dieci anni dopo, grazie ai buoni uffici di suo figlio Pietro, divenuto Cardinale, potè riassumere gli antichi onori. Ma nel 1710 egli venne ritenuto responsabile di non essere riuscito a dissuadere il figlio Cardinale dal mantenere una posizione filofrancese; a dispetto delle patrie leggi, Ottoboni fu nuovamente privato di tutti i suoi onori e mandato in esilio. Recatosi a Roma, vi morì il 19 febbraio 1720.
Lot # 1033 - Giovanni Antonio Benvenuti (1765-1838), cardinale e vescovo anconetano. Medaglia 1828. D/ IOH ANTONIO BENVENUTO S R E PRESB CARD. Busto a sinistra; nel taglio, G. GENARI; sotto, MDCCCXXVIII. R/ SECURITATIS / RESTITUTORI / FRUSINATES. Sopra, stella; sotto, stemma. Wurzb. 664. AE. 45.00 mm. Opus: G. Gennari. RR. Graffi e piccoli segnetti nei campi. qSPL. Un breve di Leone XII, del 2 luglio del 1824, nominava il Benvenuti delegato straordinario delle province di Marittima e Campagna e visitatore di tutte le comunità dello Stato: oltre che al riordinamento amministrativo, il B. doveva provvedere alla repressione del brigantaggio che, dall'inizio del secolo, infestava le due province. Contro il brigantaggio adottò subito severissime misure: la milizia volontaria, che si aggiungeva a quella regolare di 1500 uomini, fu divisa in tre corpi (a difesa del paese, per perlustrazioni, per operazioni fuori il territorio del comune); fu istituito un tribunale speciale, presieduto dallo stesso B. e composto da tre assessori e da un graduato militare; si esercitò una speciale sorveglianza sui sospetti e le loro famiglie; furono ritirati porti d'arma e patenti di caccia. L'anno dopo, il 4 maggio 1825, un editto, oltre che confiscare i beni dei briganti, colpiva con severe pene i familiari e congiunti fino al terzo grado: molti furono gli arrestati e i deportati. Questi provvedimenti, uniti ad azioni militari, alle pesanti condanne del tribunale speciale e ad un'intensificata attività di visitatore apostolico, portarono alla distruzione delle più famose e pericolose bande (come quella di Antonio Gasbarone da Sonnino). Il successo riportato fruttò al B. il cappello cardinalizio, conferitogli nel concistoro segreto del 2 ottobre 1826, e la carica di pro-legato a Forlì, in sostituzione del defunto card. Sanseverino. Due anni dopo, il 15 dicembre 1828, fu pubblicato con il titolo dei SS. Quirico e Giulitta e chiamato a far parte delle congregazioni dei Vescovi e Regolari, Immunità ecclesiastica, Buon Governo e Lauretana; gli fu affidata quindi la diocesi di Osimo. (Giuseppe Pignatelli - Dizionario Biografico degli Italiani Treccani-1966).

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