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Lot # 683 - MEDAGLIE ESTERE – IMPERO AUSTROUNGARICO – KUK – FRANCESCO GIUSEPPE I (1848-1916) - GUERRE BALCANICHE – RARA ZINCO. Croce portativa con appiccagnolo e doppio anello. Al dritto croce con quattro braccia nel tondo date 1912 1913 in rilievo. Rovescio liscio. Medaglia in Zinco (ZN) (35x37mm, 9,2 g.). Nastrino d’epoca larghezza 40 mm giallo-rosso piegato a triangolo, alla maniera degli Imperi Centrali, anche se non è il nastrino corretto per questo tipo di decorazione. Riferimenti Barac 337 (variante per il metallo). Conservazione SPL (difficilmente queste croci si trovano in queste condizioni di conservazione). Alcuni siti riportano erroneamente che le varianti in Zinco siano copie postume, in realtà si tratta di tarde emissioni effettuate nell’ultimo periodo della mobilitazione. La Croce di Mobilitazione 1912/13 (in tedesco: Mobilisierungs Erinnerungskreuz 1912/13), detta anche semplicemente Croce di Mobilitazione, veniva assegnata ai membri delle Forze Armate Austro-Ungariche che avevano prestato servizio per almeno quattro settimane. La medaglia fu creata nel 1913 e assegnata alle forze austro-ungariche che erano state mobilitate come misura precauzionale durante le guerre balcaniche tra un'alleanza di Bulgaria, Grecia, Montenegro e Serbia da un lato e la Turchia ottomana dall'altro. L'Austria non intervenne nelle guerre, ma queste portarono la Turchia ad essere in gran parte espulsa dall'Europa e ad una Serbia molto rafforzata, rendendo l'Austria più nervosa nei confronti del suo vicino slavo e gettando le basi per lo scoppio della Prima guerra mondiale in seguito all'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo il 28 giugno 1914 e la dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia il 18 luglio 1914. Dopo la smobilitazione i soldati ricevettero la croce in ricordo. La mobilitazione ha interessato praticamente ogni unità dell’esercito. Sono state assegnate circa un milione di medaglie.
Lot # 754 - MEDAGLIE ITALIANE – REGNO D’ITALIA – VITTORIO EMANUELE III (1900-1945) – MILANO. Ciondolo portativo, con appiccagnolo ed anello, emessa per ricordare il Comune di Milano. Al dritto stemma coronato con Croce Rossa su fiondo bianco. Al rovescio scudo coronato con biscione visconteo. Conservazione BB. Realizzata in ottone (AE) (34x17mm, 11.4gr.).. L’origine dello stemma della città di Milano è dovuto ai crociati, e precisamente all’impresa compiuta dai crociati lombardi guidati da Giovanni da Rho, il quale alzò, durante la prima crociata, sulle mura di Gerusalemme questo stemma, sostituendo quello con la mezzaluna. La croce rossa rappresenta l’emblema che portavano i crociati, mentre il bianco significa la veste bianca degli stessi. Il fatto che la croce rossa tragga la sua origine dall’emblema dei crociati, è testimoniato anche dalla considerazione che altre città lo adottarono nello stesso periodo. Sulla Loggia degli Osii, in centro città, si può vedere lo stendardo di Milano a forma di scudo crociato. Se ci si reca nella chiesa di San Gottardo in Corte, sita in via Pecorari, dietro Palazzo Reale, sull’arca di Azzone Visconti era raffigurato Sant’Ambrogio portante il vessillo bianco con la croce rossa. In seguito, sotto il dominio dei Visconti, lo stemma fu sostituito dal “Biscione”. Lo stemma è di tipo sannitico, d’argento alla croce di rosso, cimato di corona turrita. Ricordo che il colore bianco testimonia l’argento. Con la Rivoluzione francese tutti gli stemmi furono aboliti, poi arrivò Napoleone il quale li ripristinò, e così il 9 gennaio 1813 Milano riebbe il suo stemma, anche se in parte modificato, dovuto alla megalomania del Corso. Nel 1816 l’imperatore d’Austria apportò un’ulteriore modifica. Con la venuta del Regno d’Italia, 1860, ecco altre lievi modifiche, così come con l’avvento del fascismo fu incluso il “fascio littorio”, che con Decreto Luogotenenziale del dicembre 1944 fu abrogato. Finalmente, terminato il periodo bellico, la città decise il suo stemma così come oggi lo vediamo.
Lot # 790 - MEDAGLIE ITALIANE – VENTENNIO FASCISTA (1922-1945) – FEDERICO (FEDERIGO) PAPI – HYMEN HYMENAEE – ALLEGORIA DELLE NOZZE - SIENA – POMEZIA - ESTREMAMENTE RARA. Placca Bronzea di notevoli dimensioni, EVIDENTE PROVA DI ARTISTA, che verrà utilizzata dall’autore per la coniazione della medaglia emessa nel 1924 (Vedasi Casolari II-55 per il solo dritto). Al dritto due uccelli (due colombi) che si abbeverano da un calice istoriato, sopra stella a sei punte, sopra scritta ~ O HYMEN HYMEAEE~. Rovescio incuso con alloggio filettato, evidentemente andava affissa a qualche supporto (portone? scultura?). Realizzata in bronzo (AE) (ø 130mm, 370g.) Conservazione SPL. Estremamente Rara, praticamente INEDITA al grande pubblico. Sebbene la placca non sia firmata è indiscutibilmente attribuibile all’artista senese sia per il suo stile inconfondibile che per l’esistenza di due medaglie del tutto simili (tranne per alcuni particolari) coniata dalla Zecca di Roma sia durante il Periodo Fascista che quello Repubblicano. Artista di impronta novecentista Federigo (Federico) Papi nasce a Siena nel 1897.Compiuti gli studi all’Istituto Provinciale di Belle Arti della città si trasferisce a Roma dove frequenta la Scuola dell’Arte della Medaglia. Pittore e scultore realizza alcune opere in terracotta spesso modelli per statue. Molto noto come medaglista si dedica anche alla didattica insegnando, a partire dalla metà degli anni Trenta, prima a Roma, presso L’istituto San Michele e alla Scuola d’Arte della Medaglia, poi a Siena, all’Istituto d’Arte “Duccio da Boninsegna” e infine a Milano, all’Accademia di Brera. Muore a Roma nel 1982. Nel 1932 espone sei opere alla XVII edizione della Esposizione Internazionale Biennale d’arte della Città di Venezia, tra le quali il medaglione di bronzo “Natale di Roma – diritto e rovescio”, mostra alla quale è ancora presente in diverse edizioni fino alla XXVI edizione del 1952. Nel 1931 partecipa alla I edizione della “Mostra quadriennale d’Arte Nazionale a Roma esponendovi un “Medagliere (medaglie in bronzo)” ed il disegno “Studio di Testa”. Mostra ove espone nuovamente alla II edizione del 1935, alla III del 1939 ed infine alla V edizione del 1948. A lui fu offerto l’incarico di realizzare le 14 stazioni della Via Crucis nella Chiesa di San Benedetto a Pomezia, il 21 gennaio 1939, stabilendo un compenso di 14000 lire. Fu un’artista poliedrico, appartenente al novero degli artisti dal temperamento inquieto e perfino ribelle che, proprio per questo motivo, sono stati poco valorizzati in vita. Apprezzato da colleghi e amici (gli scultori Publio Morbiducci e Duilio Cambellotti e il critico Mario Valeriani), durante il ventennio Papi ricevette importanti commissioni pubbliche dal regime fascista benché non ne condividesse l’enfasi ideologica. Oltre alla citata Via Crucis, le bellissime medaglie per l’Opera Nazionale Balilla (ONB), la medaglia per la 220° divisione delle CC.NN. Divisone Tevere in Roma del 1937. Profondo conoscitore della medaglistica classica, soprattutto rinascimentale, ne declinò la perentoria nobiltà entro lo spirito novecentista, come a preludere una nuova Roma. Nel dopoguerra Papi si è interessato a una dimensione minimalista, sociale e perfino religiosa: popolane e maternità sono descritte in quel periodo con tratti essenziali che ricordano i primitivi come Della Quercia e Masaccio. Il tema del dritto (due colombe che si abbeverano da una coppa) richiama Il significato salvifico dell’acqua che trova un preciso riscontro figurativo nei mosaici del mausoleo di Galla Placidia. Proprio all’interno del sacello, nato come oratorio privato dell’Augusta imperatrice (425-450), il tema dell’acqua svela il contenuto funerario di tutto questo ciclo musivo. Le due colombe che si dissetano alla fonte, famoso tema iconografico di origine classica, che si ripete quattro volte ai piedi degli apostoli immortalati nei quattro lunettoni di sostegno della cupola. In questo caso e colombe simboleggiano l’universalità del popolo cristiano che si disseta dalla fonte d’acqua viva che è il Salvatore stesso: dall’acqua del battesimo alle gioie della Vita Eterna. Quindi l’acqua è la Parola di Dio che salva dalla Morte nel peccato, in funzione della Vera Vita nell’eternità. Tale discorso trova la sua origine già nell’antico Testamento. Il testo HYMEN HYMENAEE riprende una allocuzione dell’epoca romana. Nell'antica Roma, l'acclamazione (in latino: acclamatio; in greco antico: ἀκτολογία?, aktologhia) era una "manifestazione verbale di gioia, di augurio, di approvazione, accompagnata da clamore e talora da schiamazzo smodato, collettiva o individuale, fatta nelle adunanze pubbliche e private". Imene (greco antico: Ὑμήν), Hymenaios o Hymenaeus, nella religione ellenistica, è un dio delle cerimonie matrimoniali che ispira feste e canti. Almeno a partire dal Rinascimento italiano, l'imene era generalmente rappresentato nell'arte come un giovane che indossava una ghirlanda di fiori e teneva in mano una torcia accesa. Durante l'età romana, le acclamazioni avvenivano solitamente durante l'ascesa al trono e le apparizioni di un imperatore negli spettacoli, il trionfo di un condottiero (tramite l'espressione Io triumphe!), il successo di un oratore (Bene et praeclare!), le cerimonie nuziali (Talassio! O Io Hymen Hymenaee!), da parte dei legionari, del Senato e del collegio dei fratelli Arvali (felicissima! felicissime! te salvo et victore felicissime!) durante la proclamazione e, in segno di approvazione delle proposte, di un nuovo imperatore (omnes, omnes! O placet universis!) Imene appare come un personaggio nella scena finale della commedia pastorale di William Shakespeare Come vi piace, in cui presiede quattro matrimoni unendo otto personaggi, tra cui la protagonista ed eroina dell'opera Rosalind con il suo amato Orlando.